Chi lavora tra i ragazzi e i giovani sa quanto sia importante aiutarli a trovare un senso per la loro vita, in modo da evitare che soccombano di fronte al venir meno dei propri sogni o progetti. Per tutti, i fallimenti e le sconfitte possono far precipitare non solo nello sconforto, ma anche nell’insignificanza e nel ripiegamento su se stessi. A quel punto la vita finisce lì e tutto si riduce a tirare a campare.
Questi pensieri mi tornavano in mente la settimana scorsa, durante un incontro-testimonianza che i nostri ragazzi della scuola media del Collegio vescovile Pio X hanno avuto con il trevigiano Manuel Bortuzzo, un giovane che era ritenuto una promessa del nuoto italiano. Dico “era”, perché in una notte di due anni fa, a Roma, mentre passava davanti a un pub con la fidanzata, due giovani delinquenti, scambiandolo per uno della banda rivale con cui avevano appena avuto una rissa, gli hanno scaricato addosso tre colpi di pistola. Uno di questi si è conficcato nella spina dorsale paralizzandolo alle gambe e spegnendo in lui, repentinamente, il sogno della sua vita, quello di diventare un campione. Purtroppo, si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato e il “destino” o il caso gli ha stravolto la vita, inchiodandolo su una sedia a rotelle. E così Manuel, ad appena 19 anni, si è trovato a dover ripensare la sua vita, a darle un nuovo senso e a elaborare nuovi progetti per il futuro. La sua testimonianza, carica di fiducia e di vitalità, unita alla speranza di poter tornare a camminare, ha toccato il cuore di tutti e, spero, abbia provocato nei ragazzi una seria riflessione sull’importanza del senso che ognuno dovrebbe dare alla propria vita. Più volte, durante l’incontro, ha detto che bisogna impegnarsi con coraggio a vivere bene, da protagonisti, in qualunque situazione in cui ci si venga a trovare. È proprio vero: “per vivere ci vuole coraggio, per sopravvivere basta non morire”.
“La sofferenza di una vita senza senso”
È il titolo di un bel libretto del neurologo e filosofo austriaco Viktor Frankl. Egli, che conobbe la prigionia nei campi di Auschwitz e di Dachau, scrive che “La vita conserva il suo senso anche quando si svolge in un campo di concentramento”. Senza un senso essa diventa una continua sofferenza, spesso molto più grande e devastante di quella che possono provocare certe prove fisiche o morali. Senza un senso vero che la riempia, la vita viene abitata dal vuoto e dall’angoscia, e la persona rimane in balia di un abissale sentimento di insignificanza.
Purtroppo, oggi più di ieri, corriamo il rischio di costruire la nostra esistenza sull’effimero, sulle illusioni che presto si sciolgono come la neve al sole, e non sui valori fondamentali (primo fra tutti la fede), unici a dare struttura e stabilità all’edificio della vita, a costruire, come dice Gesù, la nostra casa sulla roccia. Per esperienza sappiamo che, prima o poi, possono crollare gli scenari di questo mondo, e uno può trovarsi con la platea e con l’animo vuoti.
Vasco Rossi, in una sua canzone (Senso), esprime il bisogno di trovare un senso alla vita, anche se, sarebbe portato a dire che ciò è impossibile (“voglio trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l’ha. Voglio trovare un senso a questa situazione, anche se questa situazione un senso non ce l’ha”). Per uno come lui, che da più giovane cantava “voglio una vita spericolata” e “voglio andare al massimo”, non è cosa da poco. La volontà di significato è, forse, il primo dei bisogni “superiori” dell’uomo e la molla che lo lancia verso il futuro; il motore della vita.
La sfida del tempo
Qualcuno potrebbe anche dire che Manuel, nella sua disavventura, è riuscito a trovare nuova energia e vitalità perché, senza volerlo, si è trovato catapultato in primo piano, sotto la luce dei riflettori e circondato da grande simpatia e affetto. Per un giovane, che vive una situazione assai difficile, è importante anche questo. Egli, però, sa bene che anche per lui, con il passare degli anni, l’interesse dei media si attenuerà e potrà scomparire quasi del tutto. Il tempo che passa mette sempre alla prova gli equilibri raggiunti e chiede di essere flessibili e fare la fatica, per usare la metafora del campo mobile, di spostare un po’ più avanti, o su un altro terreno, i picchetti della propria tenda. Dopo quello seguito all’incidente, per lui potrebbe affacciarsi un nuovo banco di prova, quello dell’ordinarietà e della vita feriale che, senza un vero senso e motivazioni forti e profonde, può ingenerare anche dei ripiegamenti. Questo, però, è il problema che ogni giovane e ogni adulto devono affrontare nel corso della vita, quando ai successi seguono gli insuccessi o l’ordinarietà; quando i progetti e i sogni non si realizzano del tutto e quando si trovano di fronte a situazioni cruciali che mettono alla prova la gioia di vivere e la speranza.
A noi non resta che augurare a Manuel, con tutto il cuore, che quel “bel equilibrio” al quale ha sommessamente più volte accennato nella sua testimonianza, possa continuare ad abitarlo e a ricomporsi e rigenerarsi di fronte alle eventuali nuove sfide e nuove difficoltà che potrebbe incontrare. Siamo certi che, per quello che abbiamo potuto vedere, sentire e leggere, non gli mancano certo volontà, energie e quel coraggio necessari per vivere e non lasciarsi vivere. L’unico modo per sopportare e affrontare bene la vita è di aver sempre un compito da svolgere.
Don Lucio Bonomo
(Articolo pubblicato su La vita del popolo in data 28/2/2021)