La classe 2^ Attiv@mente della Scuola primaria è stata coinvolta in un progetto artistico basato sul bisogno di stimolare il confronto con gli altri attraverso la consapevolezza di sé. Dopo una prima elementare tagliata a metà dalla pandemia, il rientro dei bambini in un contesto sociale “analogico” ha evidenziato un sensibile aumento delle loro insicurezze; tendevano a demotivarsi troppo rapidamente, a non sapere bene come rapportarsi con il lavoro altrui e questo, ovviamente, si ripercuoteva sulla libertà espressiva e sulle relazioni con i compagni, poiché il confronto finiva con l’essere sempre esterno e mai interno.
Il progetto è partito dalla riproduzione di soggetti semplici (oggetti, utensili, mobili); i bambini, armati solamente di foglio da disegno, matita e gomma, seguivano il maestro che mostrava i passaggi necessari per realizzare il disegno grazie al supporto di un videotutorial precedentemente selezionato e sfruttando una lavagna per mostrare la riproduzione fisica dello stesso tratto mostrato a video. Una volta terminato il soggetto principale i bambini erano liberi di arricchire a piacere la rappresentazione aggiungendo sfondi, paesaggi e altri soggetti; infine i ragazzi coloravano a pastello e ripassavano i tratti principali del soggetto con un tratto-pen, per metterlo in risalto rispetto al resto della composizione.
Con il passare del tempo i soggetti sono diventati progressivamente più elaborati, passando dagli oggetti agli animali; a quel punto è stato introdotto uno sfondo integratore. Partendo dalla storia di Peter Pan e dalla descrizione dell’Isola Che Non C’è con le quattro stagioni che dominano perennemente i quattro angoli dell’isola, i bambini hanno ricevuto il compito di realizzare dei soggetti per popolare l’isola, scegliendo liberamente cosa rappresentare in base, in linea di massima, alla stagione in cui i loro disegni sarebbero stati inseriti.
Questo ha dato loro la motivazione necessaria per superare gli individualismi e cercare di lavorare al meglio delle proprie capacità per dare significato al loro contributo: hanno lavorato più lentamente, con più attenzione e, soprattutto, in molti hanno superato la convinzione che il primo tentativo corrisponda alla massima espressione delle proprie potenzialità, concatenando numerosi tentativi prima di essere soddisfatti del risultato.
I bambini, quando dicono al proprio insegnante: “non sono capace”, spesso non sanno che per noi docenti quelle parole condensano in una sola sentenza tutto ciò che desideriamo: una sfida professionale unita alla possibilità di generare meraviglia di sé, una sensazione che scaturisce solamente affrontando difficoltà e dimenticando pregiudizi autoimposti, permettendo ai bambini di percepire il proprio potenziale.
La nostra Isola Che Non C’è ora potrà accompagnarci attraverso le difficoltà dei prossimi anni, ricordandoci sempre che il “non sono capace” non è un dato di fatto, bensì una convinzione che, come molte altre, può essere superata, insieme.